venerdì 3 agosto 2012

Le vacanze sono un diritto?


Mi ha colpito un commento ad un articolo apparso sul Corriere in cui si dice che 30,6 milioni di italiani (praticamente metà della popolazione) non sono andati in vacanza. E il motivo prevalente è legato a fattori economici. Una tendenza aumentata del 33,1% in dieci anni, per una perdita di presenze nelle strutture turistiche del 9,9% rispetto ai primi tre mesi del 2012”. (Dati Confartigianato)
Sappiamo bene quanto pesino i rincari continui dei servizi e dei prodotti indispensabili al momento di partire. La benzina sale, ma anche il costo del biglietto del treno, a fronte di una qualità per giunta mediocre. Andare a mangiare una pizza significa sborsare cifre esagerate, un regalo che ci si può concedere ogni tanto, ma occorre spegnere il cervello per dimenticare quali materie prime vengono utilizzate e a quanto ammonterebbe il prezzo “onesto” della pizza.
Se si va al mare si può scegliere la spiaggia libera e portarsi il pranzo da casa, non c’è dubbio, ma resta il fatto che a farne le spese (in tutti i sensi) sia sempre il relax. Non è bello partire per un giorno di riposo e trovarsi a fare i conti in continuazione per non bruciare in un attimo quanto si è risparmiato in una settimana.
Stiamo risparmiando quasi tutti. Ci sono quelli che possono permettersi vacanze faraoniche ma anche i tanti italiani che non possono permettersi nulla. Sono soprattutto anziani che hanno lavorato una vita e i soldi della pensione non se li possono godere.
Ecco perché certi commenti li rispedirei volentieri al mittente. “Guardate che la vacanza NON è un diritto! Se non si hanno i soldi, per un anno si può stare anche a casa invece che fare i debiti per andare alle Maldive e dicendo poi agli amici "oh-oh, io sono andato alle Maldive". La crisi c'è anche per colpa della gente che ha vissuto sopra le proprie possibilità!”, è il commento in questione.
La cosa peggiore è che nel nickname compare un 87, probabilmente si riferisce all’età di chi ha commentato. 25 anni. La generazione che invece dovrebbe combattere perché il lavoro permetta alla vacanza di essere proprio un diritto. “Se non si hanno i soldi” non significa sempre che sono stati spesi nella maniera sbagliata, significa – ormai per la maggior parte degli italiani – che il salvadanaio è stato prosciugato e che, prima delle vacanze, vengono l’affitto, le bollette, le tasse, la spesa al supermercato. Gli italiani che non andranno in ferie non sono quelli con le mani bucate, ma quelli che non hanno la possibilità di spendere e rinunciano al loro tanto sperato e meritato riposo. Non è un lusso staccare la spina e non pensare a niente per qualche giorno. E’ un diritto che il sistema sta tentando di far passare inosservato. Oggi rinunciamo alle vacanze, domani al cinema, dopodomani alla pizza. Ma a 25 anni sarebbe il caso di alzare la testa e fare in modo di non dover rinunciare a niente.

venerdì 8 giugno 2012

Per tutti quelli che pensano ancora che il rock sia morto...

Bruce Springsteen, Wrecking Ball Tour, 7 giugno 2012, San Siro (Mi)


Scaletta memorabile, per il resto non ci sono parole.
Momenti che resteranno nel cuore.






















We Take Care Of Our Own
Wrecking Ball
Badlands

Death To My Hometown
My City Of Ruins
Spirit In The Night
The E Street Shuffle
Jack Of All Trades
Candy’s Room
Darkness On The Edge Of Town
Johnny 99
Out In The Street
No surrender
Working on the highway
Shackled and Drawn
Waitin’ on a Sunny Day
The Promised Land
The Promise (solo piano)
The River
The Rising
Radio Nowhere
We Are Alive
Land Of Hope And Dreams
-
Rocky Ground
Born In The U.S.A.
Born To Run
Cadillac Ranch
Hungry Heart
Bobby Jean
Dancing In The Dark
Tenth Avenue Freeze-Out
Glory Days
Twist And Shout

martedì 5 giugno 2012

Cattiva comunicazione: l'Atm e i concerti milanesi



Tanto di cappello al Comune di Milano che ha deciso, in occasione di grandi eventi come i concerti di Bruce Springsteen e di Madonna di permettere ai fan di utilizzare i mezzi pubblici. Niente di particolare – direte – ma altrove non sempre capita e ci si ritrova con in mano una mappa nella speranza di non dover camminare per ore fino al parcheggio o alla stazione. Naturalmente tutto è frutto di un accordo con l’Atm, che gestisce la rete urbana ed extraurbana del capoluogo. Il biglietto per viaggiare sui mezzi milanesi sarà gratuito, basta inserire alle biglietterie automatiche un codice riportato sul biglietto del concerto stesso. Semplice. Salvo qualche perplessità…

Primo: il servizio è potenziato se parliamo di metropolitana, tram e navette verso i parcheggi. Ma i parcheggi chiudono alla solita ora? E se volessi parcheggiare lontano per evitare code raggiungendo in metro il parcheggio? Non si sa…
Secondo: Trenitalia non sembra essere stata chiamata in causa, quindi in ogni caso è impossibile raggiungere lo stadio di San Siro affidandosi esclusivamente ai mezzi pubblici, provenendo ad esempio da altre città della Lombardia.

Insomma, non illudiamoci di tornare a casa in fretta se il giorno dopo abbiamo impegni o sveglie all’alba. C’è da mettersi l’anima in pace. Ma è comunque una buona idea e i pregi sono più dei difetti (questo ovviamente senza ancora averla sperimentata).

Non è stata altrettanto grande la maniera di comunicarla da parte dell’Atm. Ieri chiamo il numero verde per sapere qualcosa di più visto che online non vedevo ancora il comunicato, poi apparso. Niente da fare, nessuna risposta sulla situazione parcheggi, anzi (e qui viene il bello), mi sento dire che “solitamente Atm tende a comunicare queste notizie soltanto il giorno stesso degli eventi o al massimo il giorno prima”. Tra l’altro l‘operatore mi chiede anche dove io abbia letto del potenziamento… 

Da notare che decine di siti Web hanno ripreso la notizia appena resa nota dal Comune stesso già il 25 maggio (qui il comunicato). Non era certo un segreto, ma soprattutto mi chiedo: se viene fornito un servizio che almeno sulla carta sembra un punto di forza, perché non reclamizzarlo subito e di più attraverso i propri canali? Questo sì che è un segreto. Decisamente incomprensibile. O forse si sa già che, nonostante il potenziamento, ci sarà troppa gente perché non finisca stipata nei vagoni della metro come in un carro bestiame. C’è da giurarci. Ma a sottolineare l’eventuale tilt del meccanismo ci penserà anche stavolta il giudizio della Rete. Da quello, cara Atm, non si scappa.

mercoledì 30 maggio 2012

d'ANNAzione del giorno: nuovo terremoto, solite delusioni


Un altro terremoto mette in ginocchio l’Italia. Stavolta è successo in Emilia e già contiamo le vittime, oltre ai danni al patrimonio storico che l’Italia non ha ancora imparato a custodire. In entrambi i casi, nessuno mai potrà rimediare, né al dolore dei familiari di chi è rimasto sotto alle macerie, né tanto meno ai crolli che ben sintetizzano quanto ci prendiamo cura delle nostre radici.

Rispetto al terremoto dell’Aquila oggi abbiamo un governo nuovo, un governo di tecnici che dovrebbero accompagnarci per mano fuori dalla crisi. Crisi economica, crisi delle idee, crisi della morale. Rispetto all’Aquila è cambiato ben poco. L’Italia – le istituzioni italiane – non hanno poi fatto granché per mettere in sicurezza le nostre vite. Mi viene in mente quello che è successo alle Cinque Terre, per non parlare di Genova, che per motivi ovvii non potrà mai essere cancellato dalla mia mente.
Siamo ancora qui a contare le vittime e a dire che i luoghi di lavoro non sono sicuri, le case non sono sicure, le strade non sono sicure. Dove dovremmo rifugiarci allora?

Poi, oltre al danno la beffa, come da tradizione. Ci avviciniamo ai festeggiamenti del 2 giugno. Festeggiamo ancora esibendo con orgoglio le nostre forze armate e tutto quello che si portano dietro, neanche fossimo una grande potenza pronta ad entrare in guerra. Per giunta, una guerra – qualsiasi guerra – noi la perderemmo sicuramente. E’ tutto organizzato da tempo quindi il passaparola sui social network che chiede di sospendere la parata e di donare ai terremotati i finanziamenti per il 2 giugno non potrà trovare riscontri pratici. Quei soldi sono già stati spesi.

Ed è questo il peggio di tutta la vicenda. I soldi sono già stati spesi, quindi qualcuno ha deciso che, ancora una volta, nonostante tutto - nonostante la crisi, nonostante la disoccupazione alle stelle, nonostante gli italiani fatichino ad arrivare a fine mese – la parata era necessaria. E’ vero, ci sono occasioni cariche di significato, simboliche, che non si possono eliminare su due piedi. Ma quanti italiani il 2 giugno saranno incollati alla tv per vedere cosa succede ai Fori Imperiali? Troppo pochi, decisamente, perché nel 2012 ancora si celebri in questo modo. Dobbiamo continuare a celebrare la Repubblica, ma quella per cui sono morti i partigiani. Non servono certo parate e sperpero di denaro insensato. Per giunta, invece di chiedere soldi ai partiti (che intanto fanno orecchio da mercante e non si tagliano i rimborsi elettorali), invece di partire dall'alto tagliando subito il superfluo senza esitazioni per dare respiro all'Emilia, nel giro di qualche ora è stato deciso l'ennesimo aumento della benzina. Pagheranno gli italiani, tutti, il popolo, perché il governo possa dire di aver contribuito a recuperare denaro da destinare alle zone colpite. Pagheranno sempre gli stessi, pagheremo noi, e sempre gli stessi domani moriranno sotto un altro capannone mentre stavano al lavoro.

A margine di tutto questo, negli stessi giorni il Papa ha programmato la sua visita a Milano. E’ da oltre un mese che si va a vanti a rendere più belle le strade che percorrerà. Soldi che se ne vanno, e tutto per un paio d’ore in cui Benedetto XVI onorerà i milanesi della sua presenza. Che dire? La Chiesa non rinuncia certo alla ricchezza dall’oggi al domani, è un’utopia. Ma in queste ore, mentre i terremotati cercano un appglio qualsiasi per ricominciare, una mano in tasca credo proprio che la Chiesa dovrebbe mettersela. Se non perché costretta, almeno per coerenza con quel Vangelo che tanto parla di povertà.

lunedì 14 maggio 2012

Addio vecchio calcio



Sono di parte, ovviamente, e quindi l’addio di Del Piero alla Juve ha un sapore a dir poco amaro. Ieri è stata l’ultima giornata del campionato di calcio di Serie A e l’ultima partita su un campo di A per molti giocatori, molte bandiere del “mio” calcio, di quel calcio che una volta mi piaceva tanto. Dice addio Del Piero, ma nella stessa giornata anche Inzaghi, per esempio, ha giocato sapendo che l’unica certezza da oggi sarebbe stata quella di non aver ottenuto il rinnovo del contratto che lo lega al Milan.
E’ la generazione dei calciatori che si è affermata quando la mia, di generazione, scopriva il calcio e iniziava a seguire la propria squadra del cuore. Prima che arrivassero i vari Balotelli che girano con auto sportive all’ultimo grido, che mettono in piazza la loro vita privata e si ammazzano di festini. Era una generazione diversa e oggi già manca. Era il calcio “pulito”, anche se si allungava l’ombra del doping su qualcuno. Era un calcio diverso, scendevano in campo il cuore e l’onore prima che i piedi.
Oggi i Maldini, i Del Piero, i Baresi, i Vialli, i Mancini fanno parte della storia, non soltanto del calcio visto che per l’Italia il calcio e la storia spesso si fondono.  E oggi sarà un po’ più difficile – per me, ma credo per molti altri italiani – trovare altre bandiere che facciano ancora amare uno sport diventato troppo marketing, troppo ricchezza, troppo sperpero, troppa superbia e troppo poco uno spettacolo. Anzi, un gioco.

venerdì 11 maggio 2012

d’ANNAzione del giorno: donne, impariamo ad urlare


Da quelle parti ci passavo anche io tutti i giorni fino a poco tempo fa. Scendevo dalla metro a Porta Romana, poche centinaia di metri a piedi e arrivavo in ufficio. Una zona centrale, della “Milano bene”, di quelle zone in cui non ti aspetti certo di incontrare tra la folla lo sguardo di uno stupratore. Il problema è che, sotto sotto, siamo tutti un po’ legati alle teorie di Lombroso e allora ci immaginiamo qualcuno non proprio di bell’aspetto, uno straniero solitamente, che non ispira fiducia nemmeno a prima vista. E invece il mostro è spesso carino, insospettabile. O il mostro è in casa, è un parente, o un amico.
A Milano è successo di nuovo qualche giorno fa ad una ragazzina. 13 anni. Lei scende dalla metro in piazzale Medaglie d'Oro, lui la segue già da un po’. Quando lei entra nel portone di casa, in una giornata da lupi (piove a catinelle) lui estrae la sua pistola giocattolo e le chiede di salire in casa. Lei risponde che ci sono i suoi genitori e allora la violenza si consuma lì accanto, in uno spazio vicino all’ingresso del palazzo.
Sembra incredibile. Nessuno vede, nessuno sente, come nella maggior parte dei casi. Non sappiamo se la ragazzina abbia urlato o reagito ma ora sappiamo chi è il mostro. E’ Luigi Terranova, è un imprenditore, si sposta tra Milano e Firenze per lavoro. Ha 30 anni. Mi verrebbe da chiedere a qualche  mio amico se ha mai pensato anche lontanamente di fare una cosa del genere, perché ormai non c’è di che stupirsi.
A Milano stava succedendo ancora ad una maestra 26enne, stavolta era un pizzaiolo marocchino ubriaco. Per non parlare della povera Vanessa, che in Sicilia è stata uccisa dal suo ragazzo perché avrebbe (avrebbe!) pronunciato il nome dell’ex durante un momento di intimità.
Le molestie sono all’ordine del giorno. Accade spesso sui mezzi pubblici e chissà quante donne non aprono bocca, non segnalano agli autisti o ai carabinieri di essere state oggetto di “attenzioni insistenti” da parte del solito molestatore. A volte forse non diamo troppo peso alla cosa. Resta il fatto che le donne siano ancora oggi, nel 2012, un bersaglio facile. E’ una condizione immutabile. Siamo inferiori dal punto di vista fisico, inutile negarlo, e se un uomo vuole farci del male raramente riusciremo a vincere. C’è chi riesce a scappare, urlare, divincolarsi, ma ancora oggi abbiamo paura di uscire la sera, di tornare tardi dal lavoro e girare da sole.
Poi in molti casi sono piccolezze. Una mano sul sedere, un gomito che si allunga troppo, magari anche solo una parola in più che può condizionare la nostra giornata. La tragedia è che la maggior parte delle volte non reagiamo. Lasciamo correre. E invece ad ogni minima violenza, psicologica soprattutto, dovremmo alzare la voce, reagire. Credo sia un’arma contagiosa, questa. Credo che vedere una donna in metro che sputtana il palpeggiatore di turno sia la molla che faccia scattare nella prossima donna l’istinto a ribellarsi.
Dovrebbero insegnarcelo le nostre madri a fare così, a dirci che non siamo l’oggetto di nessuno e che nessuno ha il diritto di trattarci come tali. “Una donna non si tocca neanche con un fiore”, dicevano le nostre nonne. Ed è così che deve essere. Urliamo più forte. E teniamoci d’occhio l’un l’altra quando siamo per strada.

lunedì 30 aprile 2012

Un orsacchiotto, mille storie possibili


Metropolitana, linea rossa per Sesto. Tutto come da copione. 
Chi sale e chi scende, chi sonnecchia, chi sbadiglia, chi gioca con l'iPhone, chi legge il solito free press stropicciato. Ci sono i ragazzi svogliati con lo zainetto carico, le ragazzine con i jeans troppo bassi truccate per sembrare più grandi, le donne in carriera che ondeggiano sui tacchi a spillo senza fare una piega e, immancabili, gli uomini anonimi con il nodo della cravatta fatto male e la valigetta abbandonata sulle ginocchia.
Nulla di nuovo, nemmeno stamattina. 
Finché non noto lui.
Siede lì, accanto alle porte del vagone, lo sguardo basso sulle dita che accarezzano un peluche. Non è un barbone, non mi pare, lo deduco dalle scarpe pulitissime. Ha soltanto un sacchetto del supermercato e non distoglie lo sguardo da quell'orsachiotto che nelle sue mani sembra piccolissimo.
Gli rubo uno scatto.
Mi vengono in mente mille storie su quest'uomo goffo dall'aria malinconica. Un figlio che gli ha lasciato il suo orsacchiotto, un figlio lontano, un figlio che non c'è più, oppure nessun figlio, magari una forma di follia che sfocia nella tenerezza. Di sicuro è un uomo pieno di ricordi, non so perché ma ne sono certa.

giovedì 19 aprile 2012

d'ANNAzione del giorno: In Afghanistan si posa con il kamikaze morto


Uccidi un talebano, o trovi i resti di un kamikaze. Succede, se sei un soldato americano in Afghanistan. Non vedi l’ora di sfogare tutta la tua rabbia contro il nemico della patria per antonomasia, è comprensibile… e cosa fai allora? Fai il cretino, lo trovi divertente, trovi divertente guardare un corpo martoriato, ci scherzi sopra e usi quel che rimane di lui come un pupazzo per farti delle belle foto creative.
Perché? Forse lo incolpi a modo tuo al posto di tutti quelli che ti hanno mandato lì o di tutto il male che esiste al mondo? Ma soprattutto… perché ti sembra divertente un uomo morto con gli occhi sbarrati?
E poi a chi mostrerai quelle foto? Ai tuoi figli, a tua moglie, ai tuoi genitori? Speri che ti dicano “bravo, ottimo lavoro” o che ridano a crepapelle?
Che schifo.



L’articolo completo del Los Angeles Times.

martedì 3 aprile 2012

Arriva la Cabina Intelligente: wifi, punto di ricarica per veicoli elettrici… e funziona ad energia pulita!

Qualche tempo fa avevo parlato proprio qui su questo blog della mia nostalgia per le vecchie cabine telefoniche che stanno scomparendo perché inutilizzate.

Oggi invece leggo una buona notizia che – sebbene non scacci la nostalgia – mi fa pensare che il progresso è il rimedio a tutti i mali.

E’ partita infatti a Torino la sperimentazione della Cabina Intelligente di Telecom Italia e il partner Ubi Connected, che vogliono “raccogliere la sfida delle Smart Cities e degli Smart Services” (così fanno sapere in una nota) .

In pratica è sì un telefono ma contiene anche degli schermi lcd, videocamere, e poi il wifi che permetterà di navigare e consultare mappe turistiche o i servizi presenti in città. Naturalmente funziona a monete, ma si può utilizzare la carta di credito (siamo nel futuro, no?).

Ciliegina sulla torta, la cabina è alimentata da un pannello solare ed è anche un punto di ricarica per mezzi elettrici. Inoltre, è partito un Contest perché tutti possano contribuire a migliorarla attraverso le proprie idee.

Purtroppo mi viene da pensare che siamo in Italia e che queste cabine del futuro dovranno vedersela con i vandali del futuro. Già le immagino coperte dalle scritte dei writers, imbrattate, o peggio ancora distrutte. Peccato, perché in fin dei conti non consumano niente e potrebbero davvero essere un servizio utilissimo in città, quando diventa un’impresa trovare una pizzeria, scoprire quale attrazioni visitare nei dintorni o pianificare il proprio itinerario in extremis.

giovedì 1 marzo 2012

Surprise!


Piccolo ringraziamento ai 1.195 passanti che hanno transitato sulle pagine di questo blog nell'ultimo mese.
Grazie per aver letto, grazie anche se magari siete capitati qui per caso e grazie soprattutto perché siete stati una sorpresa, in un mondo in cui difficilmente ormai qualcosa è imprevedibile...

mercoledì 29 febbraio 2012

Gleeden.com: il tradimento ci renderà libere?

Essere fedeli a due uomini significa essere due volte più fedeli. L’ho letto in un’affissione che compare in formato gigante nelle pensiline di Milano vicino a dove lavoro.

Nella creatività (che originalità…) c’è soltanto una mela, ma è chiaramente rivolta alle donne. O tenta di ricordare agli uomini che anche la propria dolce metà, quella che stira loro le camicie e prepara la cena, quella che mette a posto i loro calzini lamentandosi o li insulta per aver lasciato il lavandino sporco di dentifricio, proprio lei, potrebbe avere una vita parallela.

Il team ‘composto da sole donne’ di Gleeden.com ha pensato a questa campagna per sottolineare quanto la ricerca di una nuova avventura d’amore al di fuori del proprio matrimonio sia diventata un’esigenza anche femminile – si legge qui su quello che è un sito di incontri extraconiugali - Sempre più donne iscritte a Gleeden.com dall’inizio del 2012: il gentil sesso rappresenta il 37% degli iscritti alla community di persone sposate. Gleeden ha pensato a tutto per rendere il sito il più vicino possibile alle nuove esigenze delle donne sposate. Completamente gratuito per le donne assicura una moderazione esigente per garantire degli incontri sicuri”.

A quanto pare, il sito è già di successo. La campagna è un modo di festeggiare i 50 mila iscritti nella sola Milano ma nel mondo se ne contano oltre 1.100.000. L’Italia, per la cronaca, è al secondo posto dopo la Francia proprio per numero di frequentatori del sito. Nulla in contrario, il tradimento è nato insieme all’uomo.

Ma ci sono alcuni punti che proprio non mi vanno giù. Non è tanto l’incitamento a tradire, ognuno spero sia capace di decidere da sé, sebbene mi chieda se sia un comportamento da incoraggiare e da promuovere come simbolo del valore di una donna e della sua capacità di decidere finalmente della propria vita. Mi sembra un po' antico pensare che il tradimento sia una prerogativa dell'uomo, questo è il punto.

E’ il loro business in ogni caso, per nulla velato, e poi sappiamo tutti che oggi l’amante si cerca sempre di più online, no? Ma è quell'inquadrare il tradimento quasi come riscatto per una donna che trovo esagerato.

Quello che mi lascia più perplessa è che questa considerazione verso le donne, sia quella di altre donne. “Gleeden ha pensato a tutto per rendere il sito il più vicino possibile alle nuove esigenze delle donne sposate”: questa frase proprio non la digerisco. “Esigenza”…? noi donne abbiamo l’esigenza di realizzarci, di vivere a pieno famiglia, lavoro, hobby, figli e amicizie, ma tradire non la definirei un’esigenza. Un bisogno – anche solo fisico – magari, ma non per tutte è così e va rispettata anche l'altra fetta di donne che non tradisce, la stessa che poi Gleeden.com sta cercando di catturare.

Considerando poi quante donne hanno esigenze molto più pressanti lo trovo quasi un insulto a tutte coloro che, come me, passano davanti ad una pensilina e pensano a come arrivare alla fine del mese, a come progettare il proprio futuro e – guarda un po’ – a che regalo potrà davvero rendere felice la persona che amano e che non tradirebbero mai. Siamo fedeli la metà o siamo fedeli al 100%? Forse era il caso di domandare invece che di affermare.

martedì 28 febbraio 2012

No Tav: se la protesta diventa cinema

Lo dico apertamente: non sono favorevole alla tav. Non sono informata quanto vorrei ma so bene che si tratta di una linea che dovrebbe migliorare la situazione rispetto al presente, almeno secondo i promotori, gli stessi che hanno però ammesso che il traffico sull’attuale linea Torino-Lione sia in calo.

Insomma, io tutto questo miglioramento non lo riesco ad individuare e quindi lascio prevalere le ragioni del cuore, quelle che mi impongono di pensare alle popolazioni della Val di Susa, da anni impegnate in una lotta continua contro il cemento. Penso a loro e penso all’ambiente, a quanto una linea del genere possa deturparlo o comunque modificarlo, in una Paese nel quale troppo spesso si parla di dissesto idrogeologico e cementificazione selvaggia senza poi dar seguito alle tante parole sprecate al momento delle tragedie.

Sono le stesse ragioni che mi spingono a stare dalla parte del movimento No Gronda di Genova e che rendono ai miei occhi certe opere uno scempio del territorio e null'altro. Inutili. Ognuno in proposito ha la sua opinione e la rispetto al massimo, sia chiaro.

Mi chiedo invece fino a che punto la protesta si possa spingere senza sfociare nel ridicolo. Me lo sono chiesto ieri, quando ho visto il video (ovviamente stra-sfruttato da tutti i tg e da tutti i portali Web) nel quale Luca Abbà, leader no tav, rischia la vita cadendo da un traliccio. E’ salito lì in cima mentre un poliziotto tentava di seguirlo e di farlo scendere. Alla fine Luca è caduto folgorato a terra e lotta tra la vita e la morte.

Spero che si riprenda presto e soprattutto che pensi a quel folle gesto e riveda la sua strategia di protesta. Un po’ cinicamente forse, mi chiedo a cosa sia servito salire lì sopra e trovo alquanto ridicoli certi comportamenti nel 2012. Eliminiamo l’ultima parte del video, immaginiamo che Luca sia sceso dal traliccio più tardi e con le sue gambe. Un attimo prima saliva sempre più in alto, vestito di nero, fiero di sé e alzando il pugno. Un segno di vittoria, ho sentito dire.

No, miei cari, quello è il segno di un manifestante che nel 2012, mentre sta protestando per le ragioni del suo territorio, decide di tirare in ballo ideali lontani, quel comunismo che ormai ognuno ha idealizzato a modo suo e che non trova sfogo né in Parlamento né tanto meno nella società civile.

E allora, in tutta sincerità, condivido i valori della protesta, sono pronta a sfilare insieme alla massa indignata per le mille bugie che ci raccontano e per i progetti che vogliono rendere l’Italia ancora più invivibile, ma proprio certi gesti non li posso appoggiare. Caro Luca, guarisci presto, ma la prossima volta lascia a casa le manie di protagonismo perché l’unica protagonista nella Val di Susa è la costanza di tante persone che non ci stanno e continuano a gridarlo. Aver rubato loro la scena non ti fa certo onore…

Detto questo, difendo le ragioni di Luca e di ogni manifestante, ovunque e comunque, ma certe performance vanno adeguate al contesto... Oggi la cosa che mi rende più delusa è aver letto che i cantieri non si sono fermati nemmeno dopo che la notizia dell’incidente si è diffusa. Forse era il caso di lasciare la valle al suo silenzio, almeno per qualche ora.


(foto: IlMessaggero.it)

venerdì 3 febbraio 2012

Cinema: locandine sessiste per Les Infideles. Abile mossa o fregati dallo stereotipo?

Ci sono manifesti, slogan, immagini, scene che immediatamente ci fanno dire “no, inaccettabile!”, che troviamo di cattivo gusto, volgari, sessiste, da bloccare immediatamente. E ce ne sono altre, come questa, che lasciano prima qualche minuto per riflettere.

E’ la locandina del film Les Infidèles, che procedendo per episodi racconta l’infedeltà maschile. Dietro la macchina da presa si alternano sette registi, tra cui Jean Dujardin, nominato agli Oscar per The Artist come miglior attore.

Detto questo, la locandina non si spiega comunque.

“Infedeltà” ci fa venire in mente mille scene, mille situazioni, mille protagonisti, ma credo che una fellatio senza contorno alcuno proprio non sia la prima ipotesi che scatta nel cervello umano. Una fellatio può essere un modo di tradire, ma lo è anche un bacio, un rapporto completo, tante cose che però senza il giusto sfondo non richiamano immediatamente il tradimento.

Togliamo il titolo del film dalla locandina. La posizione dei due protagonisti ispira “tradimento”? No, decisamente. O comunque non solo. Non inequivocabilmente.

La donna è di spalle, ne vediamo soltanto lo chignon e le braccia che si arrampicano sul corpo di lui (è Gilles Lelouche), vestito, in camicia bianca e completo scuro, con tanto di cravatta spostata e incastrata sapientemente per non penzolare – presumo – sulla testa di lei.

L’espressione di lui poi è tutta un programma. Cellulare in mano, faccia fiera (ma non soddisfatta, non è legata all’azione di lei), indice nell’orecchio per non sentire rumori esterni (quali? lei non sta certo parlando né tanto meno urlando per ovvii motivi), sguardo fisso su di noi.

Il titolo del film è proprio sulla testa di lei, quasi ad escluderla dalla scena, a renderla secondaria, eppure è proprio lei che – seguendo lo stesso titolo – rende infedele lui. Lo è anche lei? Non si sa, il protagonista qui è lui, sappiamo per certo che lui è infedele, lei potrebbe essere un’altra, una qualsiasi, sposata o no. O magari lui ha una gran faccia tosta e sta tradendo lei con una seconda donna al telefono (in realtà è al telefono con Couper, le sue parole sono in alto: "Ca va Couper, je rentre dans un tunnel"), oppure ancora al telefono c’è la moglie (ma allora sarebbe lui a dover evitare di far rumore, non dovrebbe preoccuparsi di sentire al meglio ciò che lei dice tappando l’orecchio libero). Eppure il titolo parla al plurale, dov’è la faccia altrettanto fiera degli altri “infideleS”?

Non sappiamo nulla della trama guardando soltanto la locandina.

Riflettiamo. Perché le parti non sono invertite? Logico, perché è il ruolo della donna ad essere standardizzato. E’ la donna che compie un rapporto orale, è il classico dei classici. Il contrario non avrebbe avuto effetto? Chiedo.

La risposta la dà una seconda locandina, i cui compare proprio Dujardin. A parti invertite, di lei si vedono solo i tacchi rossi e nulla dal ginocchio in su. Evidentemente no, non avrebbe avuto effetto. E ciò che sta per fare lui non è altrettanto inequivocabile, non è certo come nella prima locandina.

Ok, è il lui della situazione il protagonista, ma un viso femminile gli avrebbe rubato la scena? Sarebbe stato meno “infidele” se avesse “reso omaggio” alla sua amante?

Ed eccoci al quesito iniziale: la locandina può essere accettabile? No. Anche se non proviamo ribrezzo, anche se non proviamo immediatamente rabbia percependo la donna come secondaria e sottomessa. Personalmente, non mi dà fastidio guardarla. Ma è ovvio che sarebbe stata bloccata senza pensarci troppo. I creativi e chi ne ha autorizzato la diffusione forse non lo immaginavano?

E’ un’abile mossa, tutto qua. Ci metto la mano sul fuoco. E mi sorprendo soltanto di tutti quelli che oggi dicono che la corsa all’Oscar di Dujardin è seriamente compromessa…

venerdì 27 gennaio 2012

Come uccidere il buon gusto nel Giorno della Memoria

Naturalmente, è arrivato tutto nel Giorno della Memoria, un giorno scelto come simbolo, ma che non deve significare che il resto dell’anno possiamo chiudere la storia in un cassetto.

Una nota di protesta del nostro ambasciatore a Berlino e nulla di più. Così sta passando di fatto sotto silenzio l’aggressione all’Italia messa in atto da Der Spiegel, il più importante settimanale tedesco: copertina sul caso Concordia e un titolo che non lascia spazio a equivoci: «Italiani mordi e fuggi» letteralmente, ma traducibile come «italiani codardi». Secondo Der Spiegel siamo un popolo di Schettino e non c’è da meravigliarsi di ciò che è successo al largo del Giglio. Di più: siamo tutte persone da evitare, un peso per l’Europa, un ostacolo allo sviluppo della moneta unica”.

Inizia così l’articolo di Alessandro Sallusti sul Giornale. I tedeschi, a quanto pare, stanno facendo di tutta l’erba un fascio e ci identificherebbero tutti – tutti noi italiani – come un popolo di gente che scappa quando la nave affonda, sfruttando il paragone con il disastro della Costa Concordia, una palla precisissima servita sul piede giusto e ad un metro dalla porta.

Avremmo potuto essere superiori, avremmo potuto rispondere con il buon gusto ed il buon senso, avremmo potuto portare mille esempi a testimonianza di quanti eroi popolano la nostra storia, la storia quotidiana. E invece questo articolo, che non va certo a sparare sulla Croce Rossa, riesce a dimenticare che il nemico va fatto bollire nel suo brodo finché non si consuma e che lasciar correre e tacere, a volte, sono le armi di un popolo signore, al di sopra di certe affermazioni scontate, fiero di ciò che ha fatto finora e pronto ad affrontare gli errori. Un popolo da rispettare, se non oggi, da oggi.

Che i tedeschi siano una razza superiore lo abbiamo già letto nei discorsi di Hitler – scrive Sallusti - Ricordarlo proprio oggi, giorno della memoria dell’Olocausto, quantomeno è di cattivo gusto. È vero, noi italiani alla Schettino abbiamo sulla coscienza una trentina di passeggeri della nave, quelli della razza di Jan Fleischauer (autore dell’articolo) di passeggeri ne hanno ammazzati sei milioni”.

Queste frasi sì che nel Giorno della Memoria sono invece di buon gusto…

mercoledì 25 gennaio 2012

d'ANNAzione del giorno: ecco perché, caro Martone, gli sfigati sono altri

Ho letto su Repubblica.it la lettera di un giovane pugliese e non riesco proprio a dimenticarla. Ci sono parole che, una volta lette, svaniscono e non ti resta nulla; ce ne sono altre, semplici, che risultano perfette per descrivere la realtà.

Il racconto di Adelmo è quello di un giovane che ha fatto lavori di ogni genere – Babbo Natale, cameriere, barista, animatore per bambini, impiegato all’INPS… - e non ce l’ha fatta ovviamente a dare tutti gli esami senza ritrovarsi fuori corso.

Significa che non avrebbe dovuto iscriversi all’università? Decisamente no, anche perché leggendo il suo racconto si capisce lontano un miglio che Adelmo è uno intelligente, che con le parole ci sa fare e non è uno "sfigato" come vorrebbe un tale Michel Martone che è oggi viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali.

Forse Adelmo mi ha colpito subito perché è iscritto allo stesso corso di laurea che avevo scelto io, abbiamo la stessa età, anche se io sono laureata da 5 anni. I miei lavoretti sono stati quelli part-time messi a disposizione dall’università stessa, per qualche mese. E poi c’erano le borse di studio, quando arrivavano, visto che la situazione che dipinge Adelmo vale in tutta Italia: i veri poveri sperano e gli altri incassano i soldi grazie a dichiarazioni non proprio veritiere. Ne abbiamo le prove? In un certo senso sì, vediamo quelli che si disperano per essere stati esclusi dalle graduatorie per un pelo e quelli che invece vanno a ritirare l’assegno a bordo dell’auto sportiva di papà.

Adelmo prende un treno ogni volta che deve andare in ateneo, un treno spesso sporco, in ritardo e incredibilmente costoso. Mi capita continuamente di pensare a come potrei investire il denaro speso per pagare il biglietto. Non significa che la prossima volta salirò senza, ma quando fai il viaggio in piedi, magari appoggiata alla porta del wc intasato e puzzolente, ti chiedi se non sia Trenitalia a doverti pagare o a regalarti ogni volta che sali su un treno ciò a cui hai rinunciato al supermercato.

Adelmo, come me, non ha santi in paradiso e non avrà una scrivania pronta appena avrà ottenuto il suo pezzo di carta. Adelmo dovrà trovare un lavoro da solo, contando sui propri meriti e le proprie qualità (come dovrebbe essere di regola), senza spingere e guardando i tanti ragazzi come lui che invece avranno lo stesso posto - se non uno migliore e sicuramente meglio retribuito - e gli saranno passati davanti.

E’ questa la vita della mia generazione. Siamo capaci di risparmiare, di rimboccarci le maniche, di lavorare sodo. Ma sorridiamo sempre, forse il problema è questo, ci adattiamo troppo e cerchiamo di lavorare, studiare, avere un minimo di vita sociale anche con pochi spiccioli in tasca. Viviamo lo stesso.

Il futuro? Vorremmo un lavoro, una casa, una famiglia, ma sapendo che il presente non lo consente lasciamo perdere e dimentichiamo i desideri. Rimandiamo la visita dal dentista, ceniamo nei fast food o al cinese, accettiamo in affitto case fatiscenti e paghiamo in nero, lavoriamo senza contratto, compriamo al discount e prenotiamo i b&b con anticipo di mesi.

Ci sono tanti Adelmo in Italia, basta avere il coraggio di vederli. Soprattutto, bisogna sperare che un giorno non perdano la pazienza.

lunedì 23 gennaio 2012

La Concordia affonda e i turisti accorrono. Click...

Non è bastato vedere l’espressione dei superstiti.

Non è bastato scoprire che è successo tutto per un errore evitabile.

Non è bastato sapere a quanto ammonta il numero delle vittime.

Non è bastato guardare in tv il relitto di quella che era una regina.

Non è bastato ascoltare i resoconti dei cronisti minuto per minuto.

Non è bastato ascoltare le testimonianze agghiaccianti di chi ce l’ha fatta.

Non è bastato individuare il capro espiatorio (o il cattivo per davvero) e l’eroe.

Non è bastato che al Giglio si trasferissero subito i giornalisti, a cui probabilmente iniziava a mancare il Misseri o la Amanda di turno da seguire 24 ore al giorno.

Adesso arrivano anche i turisti dell’orrore, quelli che si armano di macchina fotografica e non resistono alla curiosità. Devono esserci “perché da qui è tutta un’altra emozione”, ha detto una signora ai microfoni della Rai. Come se stessero andando al cinema, proprio come se fosse tutto finto e domani il set si trasferisse altrove.

Non è bastato vergognarci di chi ha sbagliato su quella nave, ora dobbiamo anche vergognarci di questi imbecilli che sono arrivati a centinaia e hanno invaso un’isoletta minuscola solo per il gusto di esserci.

giovedì 12 gennaio 2012

L'irresistibile bellezza oltre la 44. L'irresistibile bellezza della normalità










































Questa è una modella taglie forti, si chiama Katya Zharkova, è russa. Perché l’abbiano scelta per il servizio apparso su PlusModel Magazine mi pare evidente. E’ sexy, nella sua normale morbidezza. E’ altrettanto evidente la differenza con le modelle che sfilano ogni giorno in passerella, infatti il magazine vuole parlare delle donne con una taglia normale, sopra la 44, quelle che vengono definite oversize e non si sa bene perché, visto che sono assolutamente le migliori e assolutamente le più normali.

Ma il servizio denuncia ben altro: le modelle “tradizionali” hanno un indice di massa corporea pari a quello di donne anoressiche, simili alla ragazza abbracciata dalla modella russa in uno degli scatti. "20 anni fa le modelle pesavano l'8% in meno delle donne comuni. Oggi il 23% in meno", si legge sopra un altro scatto.

Resta il fatto che le foto di Katya sono l’ulteriore conferma che non tutte le donne con qualche rotolino in più sono belle, ma che ci sono donne con i loro rotolini in più che lasciano senza fiato.

Per inciso, che vadano a quel paese gli imbecilli che ci vorrebbero tutte filiformi e simili a manici di scopa…

lunedì 9 gennaio 2012

Obbligati ad accorciare frasi e pensieri: protestiamo!

Per anni ti capita di fronte quello che ti dice “scrivi troppo” o “mi piacerebbero frasi più corte” o “tutti questi avverbi?” o “riduci al succo del discorso”… poi, quando ti senti frustrato per le migliaia di righe ridotte all’osso e spersonalizzate, private della tua anima, ti compare davanti agli occhi un articolo come quello che Pico Iyer scrive sul Los Angeles Times.

“The Writing Life: The point of the long and winding sentence”, si chiama così l’articolo, parla di come tutto ormai sia stato ridotto a brandelli, compresa la comunicazione. Siamo abituati ad esprimerci ‘a morsi’, rimpicciolendo le sensazioni per poterle far entrare nella casella che sui social network ci permette di aggiornare il nostro status.

‘A cosa stai pensando?’, chiede Facebook. E noi pensiamo ad una miriade di cose in contemporanea, ma quella casellina ci impone di darci un contegno, di “non sbrodolare”, come dice qualcuno.

Ma se ami scrivere, ami comunicare, ami le sfumature che solo le combinazioni di parole sanno creare, se ami questo e ami il suono della lingua, i giri di parole che sanno centrare il bersaglio e raccontare ogni minimo particolare… bè, allora ti sarà capitato di leggere i tuoi aggiornamenti di stato e riscriverli perché sempre troppo lunghi.

Hai mai pensato di protestare? E’ questo che dice Pico Iyer: usare frasi lunghe per protesta contro il vortice che ci sta investendo.

Una bella soddisfazione…



Link all'articolo: http://www.latimes.com/entertainment/news/books/la-ca-pico-iyer-20120108,0,2137466.story