martedì 28 febbraio 2012

No Tav: se la protesta diventa cinema

Lo dico apertamente: non sono favorevole alla tav. Non sono informata quanto vorrei ma so bene che si tratta di una linea che dovrebbe migliorare la situazione rispetto al presente, almeno secondo i promotori, gli stessi che hanno però ammesso che il traffico sull’attuale linea Torino-Lione sia in calo.

Insomma, io tutto questo miglioramento non lo riesco ad individuare e quindi lascio prevalere le ragioni del cuore, quelle che mi impongono di pensare alle popolazioni della Val di Susa, da anni impegnate in una lotta continua contro il cemento. Penso a loro e penso all’ambiente, a quanto una linea del genere possa deturparlo o comunque modificarlo, in una Paese nel quale troppo spesso si parla di dissesto idrogeologico e cementificazione selvaggia senza poi dar seguito alle tante parole sprecate al momento delle tragedie.

Sono le stesse ragioni che mi spingono a stare dalla parte del movimento No Gronda di Genova e che rendono ai miei occhi certe opere uno scempio del territorio e null'altro. Inutili. Ognuno in proposito ha la sua opinione e la rispetto al massimo, sia chiaro.

Mi chiedo invece fino a che punto la protesta si possa spingere senza sfociare nel ridicolo. Me lo sono chiesto ieri, quando ho visto il video (ovviamente stra-sfruttato da tutti i tg e da tutti i portali Web) nel quale Luca Abbà, leader no tav, rischia la vita cadendo da un traliccio. E’ salito lì in cima mentre un poliziotto tentava di seguirlo e di farlo scendere. Alla fine Luca è caduto folgorato a terra e lotta tra la vita e la morte.

Spero che si riprenda presto e soprattutto che pensi a quel folle gesto e riveda la sua strategia di protesta. Un po’ cinicamente forse, mi chiedo a cosa sia servito salire lì sopra e trovo alquanto ridicoli certi comportamenti nel 2012. Eliminiamo l’ultima parte del video, immaginiamo che Luca sia sceso dal traliccio più tardi e con le sue gambe. Un attimo prima saliva sempre più in alto, vestito di nero, fiero di sé e alzando il pugno. Un segno di vittoria, ho sentito dire.

No, miei cari, quello è il segno di un manifestante che nel 2012, mentre sta protestando per le ragioni del suo territorio, decide di tirare in ballo ideali lontani, quel comunismo che ormai ognuno ha idealizzato a modo suo e che non trova sfogo né in Parlamento né tanto meno nella società civile.

E allora, in tutta sincerità, condivido i valori della protesta, sono pronta a sfilare insieme alla massa indignata per le mille bugie che ci raccontano e per i progetti che vogliono rendere l’Italia ancora più invivibile, ma proprio certi gesti non li posso appoggiare. Caro Luca, guarisci presto, ma la prossima volta lascia a casa le manie di protagonismo perché l’unica protagonista nella Val di Susa è la costanza di tante persone che non ci stanno e continuano a gridarlo. Aver rubato loro la scena non ti fa certo onore…

Detto questo, difendo le ragioni di Luca e di ogni manifestante, ovunque e comunque, ma certe performance vanno adeguate al contesto... Oggi la cosa che mi rende più delusa è aver letto che i cantieri non si sono fermati nemmeno dopo che la notizia dell’incidente si è diffusa. Forse era il caso di lasciare la valle al suo silenzio, almeno per qualche ora.


(foto: IlMessaggero.it)

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