Beata è la guerra
Beati sono i santi, i cavalieri e i fanti
Beati i vivi, i morti ma soprattutto i risorti
Beati sono i ricchi perché hanno il mondo in mano
Beati i potenti e i re e beato chi è sovrano
Beati i bulli di quartiere perché non sanno ciò che fanno
Ed i parlamentari ladri che sicuramente lo sanno
Beata è la guerra, chi la fa e chi la decanta
Ma più beata ancora è la guerra quando è santa
Beati i bambini che sorridono alla mamma,
Beati gli stranieri ed i soufflé di panna
Beati sono i frati, beate anche le suore
Beati i premiati con le medaglie d'oro
Beati i professori, beati gli arrivisti ,
I nobili e i padroni specie se comunisti
Beata la frontiera beata la finanza
Beata è la fiera ad ogni circostanza
Beata la mia prima donna che mi ha preso ancora vergine
Beato il sesso libero si ma entro un certo margine
Beati i sottosegretari i sottufficiali
Beati i sottaceti che ti preparano al cenone
Beati i critici e gli esegeti di questa mia canzone
Rino Gaetano - Le beatitudini
sabato 25 dicembre 2010
lunedì 6 dicembre 2010
D’ANNAzione del giorno: l’ennesima fiera del lavoro che non c’è
Qualche giorno fa sono andata a Milano al tanto reclamizzato Job Meeting.
Non posso certo dire di esserci andata carica di speranza o curiosa di sapere come si svolgesse il tutto. Non è la prima fiera del lavoro a cui vado a dare un’occhiata, né credevo che sbucasse un ometto in giacca e cravatta e mi portasse in un ufficio già sistemato per me.
Nossignori, non pensavo affatto che sarebbe stata un’occasione davvero utile. Ma in questi casi lascio prevalere l’intraprendenza, mi dico “Non si sa mai” e parto, armata di curriculum e scarpe comode.
Il Palazzo delle stelline permetteva di disporre gli stand delle varie aziende come intorno ad un quadrato, il che non ti fa rendere subito conto di quanti siano in realtà. Ti sembra un po’ un labirinto, poi ad un certo punto ti accorgi che hai già finito il giro e anche questa capatina all’ennesimo Job meeting si è rivelata piuttosto deludente. Sulla carta sono tutte “occasioni da non perdere”, io francamente le trovo una fantastica vetrina per le aziende e stop. Il vero senso della fiera del lavoro è decisamente perso in periodi così difficili.
Chi è stato come me a Milano sa bene che la frase canonica agli stand era “al momento non sono previste assunzioni, non abbiamo posizioni aperte, ma sapete bene che magari in futuro…”. Cooooosa? E allora cosa siete venuti a fare? Senza contare che, nella maggior parte dei casi, nemmeno accettavano il cv cartaceo e rimandavano ad un inserimento online.
Certo, per chi è alle prime armi, per chi è appena uscito dall’università e non sa cosa sia il mondo del lavoro (ma comunque ne avrà sentito parlare, dico io!) è un punto di partenza per capire “il giro del fumo” e sbattere la faccia contro la quintalata di cacca nella quale tra poco affonderà, ma per gli altri?
I quasi-trentenni come me poi erano davvero in tanti. Segnale negativo, troppa concorrenza verrebbe da dire. E invece è quasi una consolazione vedere gente che annaspa alla ricerca di uno stage e si accontenterebbe di mettere da parte la laurea, di puntare sul suo diploma pur di ottenere uno straccio di lavoro che gli lasci mettere ancora in moto il cervello.
Sono tempi duri, ma la faccia di bronzo di certi tizi agli stand lo è ancora di più.
“Non sei facilmente piazzabile”, mi hanno detto sfogliando il mio cv, quasi schifati dalle troppe righe. Non saprebbero dove sistemare una che finora ha cercato di far fruttare le sue competenze e non parte da zero.
Apprezzo allora l’unica persona che mi ha detto la verità: “Sai bene che per chi, come te, fa il giornalista o lavora in un ufficio stampa, non serve tanto guardare se su un sito ci sono posizioni aperte. Contano anche i contatti e cose simili, poi il cv te lo guardano in caso gli serva qualcuno all’improvviso…”.
Triste, ma vero. Com’è vero che davanti ai laureati in Scienze della comunicazione si storce il naso. Per fortuna, nel mio caso, ormai si guardano le esperienze lavorative e poco importa la mia laurea, poco importa un 110 e lode dato in una facoltà di veline e animatori turistici.
E allora mi chiedo: la pubblicità e la comunicazione non sono forse leve fondamentali per far girare l’economia? Non ne abbiamo forse più bisogno che in altri momenti?
Credo di sì. E credo che anche le aziende lo sappiamo. Ma le competenze non servono, meglio continuare a coltivare questa repubblica di stagisti e precari a vita che dopo sei mesi saranno di nuovo a spasso.
Mi piacerebbe che qualcuno prendesse le mie parti, come se fossi un lavoratore di Mirafiori. Per noi laureati non parla quasi nessuno. Per noi giornalisti poi, ancora meno. A chi importa se prendiamo 5 euro a pezzo quando va bene?
Mi piacerebbe anche un’altra cosa. Che per una volta al posto delle aziende ci fossimo noi seduti agli stand. Chissà che puzza di cervello ci sarebbe…
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