Ieri mattina la notizia sembrava di quelle impossibili. “Hanno chiuso Nonciclopedia”. Come spesso accade, l’ho saputo da Facebook, dando la prima occhiata svogliata di inizio giornata a notifiche e messaggi.
E proprio da lì è partita la rivolta del popolo del Web contro quella che viene ormai additata come censura bell’e buona, senza scuse.
Tutti ormai sanno che la causa di tutto questo si chiama Vasco Rossi e, per fortuna, nemmeno i fan approvano (quelli che approvano credo abbiano capito che è il momento di tacere).
Mi chiedo allora come sia possibile che, di tutti i permalosi che avrebbero potuto imporre la chiusura di Nonciclopedia, proprio lui sia arrivato a tanto.
Sia chiaro, in Italia come altrove, i potenti che, grazie ad avvocati ricchi e brillanti, grazie al loro denaro e alla loro posizione, potrebbero far chiudere siti e blog schioccando le dita ce ne sono a decine. Ma finora – che io ricordi – un caso così eclatante non si era ancora visto, lasciando da parte i vari Luttazzi, Biagi, Santoro e compagnia bella, che però vivono – o, ahimé, vivevano – nel mondo della tv.
Vasco che non apprezza le critiche, le battute, lo scherzo, francamente fa molta tristezza. Ci eravamo abituati, in questi mesi, al Vasco malandato, che dalla clinica si ricorda dei fan e indirizza loro messaggi 2.0 approfittando della Rete. Oggi la satira, che non si è fermata, ci racconta un Vasco che non conosce affatto i meccanismi della comunicazione moderna, di Internet, e allora dà vita a questa spedizione punitrice contro un’innocente pagina, che in confronto alla sua chiusura sembra una marachella da bambini dell’asilo.
Nonciclopedia ci ha fatto sorridere per anni, se ne sono accorti anche i suoi bersagli preferiti, i politici e “la gente che conta”, nessuno avrebbe mai pensato di fare in modo che chiudesse. C’è chi non ha apprezzato certe battute – così si dice – ma le frasi incriminate sono state rimosse e il gioco è andato avanti. E’ vero, è una satira pesantina, non facile da digerire, a volte sopra le righe, ma non ha fatto male a nessuno.
Poi arriva lui, l’alternativo, quello che va contro le regole, il Vasco eroe di generazioni di pseudo ribelli, che decide che quello scherzo proprio non gli piace più e si prende la briga di intervenire, innescando come conseguenza lo sciopero di Nonciclopedia.
La risposta dei creatori, secondo me, è stata all’altezza della situazione, in linea perfetta con i toni utilizzati finora e che, oggettivamente, non fanno male più di un aeroplanino di carta fatto voltare in classe.
“Care lettrici, cari lettori, cari creditori
Nonciclopedia chiude a causa di una denuncia che Vasco Rossi ha sporto contro il sito.
Vasco Rossi si è sentito diffamato dalla pagina che lo riguardava.
Probabilmente si terrà un processo, al termine del quale quel brufoloso ragazzino quindicenne che ha scritto la pagina dopo essere stato picchiato dai suoi compagni di classe, adesso dovrà anche pagare gli alimenti al nullatenente Vasco Rossi.
Un uomo che ha vissuto l'esperienza della droga, l'esperienza del carcere, l'esperienza di stadi e folle che lo acclamavano, non poteva proprio sopportare l'idea di essere oggetto di satira su Nonciclopedia”.
Ogni tanto bisognerebbe ricordarsi che il nostro sogno deve essere un’Italia (ancora più) libera di pensare, scrivere, lamentarsi, agire, senza che qualcuno le imponga cosa pensare, cosa scrivere, di cosa lamentarsi e come agire. Troppo semplice fare i gradassi e scaricare le nostre frustrazioni su chi ci urta sulla metro, su chi è nero, su chi è debole, su chi ha i capelli viola, su chi non pota l’albero in giardino, su chi è diverso da noi e su chi è, semplicemente, un bersaglio facile. Eppure, con tutti i problemi che abbiamo, alla fine anche i più in vista, i vip, cedono alla tentazione di calpestare il prossimo come antistress.
Ci sarebbe da sperare in un “mea culpa”, ma forse è chiedere troppo.
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