venerdì 27 gennaio 2012

Come uccidere il buon gusto nel Giorno della Memoria

Naturalmente, è arrivato tutto nel Giorno della Memoria, un giorno scelto come simbolo, ma che non deve significare che il resto dell’anno possiamo chiudere la storia in un cassetto.

Una nota di protesta del nostro ambasciatore a Berlino e nulla di più. Così sta passando di fatto sotto silenzio l’aggressione all’Italia messa in atto da Der Spiegel, il più importante settimanale tedesco: copertina sul caso Concordia e un titolo che non lascia spazio a equivoci: «Italiani mordi e fuggi» letteralmente, ma traducibile come «italiani codardi». Secondo Der Spiegel siamo un popolo di Schettino e non c’è da meravigliarsi di ciò che è successo al largo del Giglio. Di più: siamo tutte persone da evitare, un peso per l’Europa, un ostacolo allo sviluppo della moneta unica”.

Inizia così l’articolo di Alessandro Sallusti sul Giornale. I tedeschi, a quanto pare, stanno facendo di tutta l’erba un fascio e ci identificherebbero tutti – tutti noi italiani – come un popolo di gente che scappa quando la nave affonda, sfruttando il paragone con il disastro della Costa Concordia, una palla precisissima servita sul piede giusto e ad un metro dalla porta.

Avremmo potuto essere superiori, avremmo potuto rispondere con il buon gusto ed il buon senso, avremmo potuto portare mille esempi a testimonianza di quanti eroi popolano la nostra storia, la storia quotidiana. E invece questo articolo, che non va certo a sparare sulla Croce Rossa, riesce a dimenticare che il nemico va fatto bollire nel suo brodo finché non si consuma e che lasciar correre e tacere, a volte, sono le armi di un popolo signore, al di sopra di certe affermazioni scontate, fiero di ciò che ha fatto finora e pronto ad affrontare gli errori. Un popolo da rispettare, se non oggi, da oggi.

Che i tedeschi siano una razza superiore lo abbiamo già letto nei discorsi di Hitler – scrive Sallusti - Ricordarlo proprio oggi, giorno della memoria dell’Olocausto, quantomeno è di cattivo gusto. È vero, noi italiani alla Schettino abbiamo sulla coscienza una trentina di passeggeri della nave, quelli della razza di Jan Fleischauer (autore dell’articolo) di passeggeri ne hanno ammazzati sei milioni”.

Queste frasi sì che nel Giorno della Memoria sono invece di buon gusto…

mercoledì 25 gennaio 2012

d'ANNAzione del giorno: ecco perché, caro Martone, gli sfigati sono altri

Ho letto su Repubblica.it la lettera di un giovane pugliese e non riesco proprio a dimenticarla. Ci sono parole che, una volta lette, svaniscono e non ti resta nulla; ce ne sono altre, semplici, che risultano perfette per descrivere la realtà.

Il racconto di Adelmo è quello di un giovane che ha fatto lavori di ogni genere – Babbo Natale, cameriere, barista, animatore per bambini, impiegato all’INPS… - e non ce l’ha fatta ovviamente a dare tutti gli esami senza ritrovarsi fuori corso.

Significa che non avrebbe dovuto iscriversi all’università? Decisamente no, anche perché leggendo il suo racconto si capisce lontano un miglio che Adelmo è uno intelligente, che con le parole ci sa fare e non è uno "sfigato" come vorrebbe un tale Michel Martone che è oggi viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali.

Forse Adelmo mi ha colpito subito perché è iscritto allo stesso corso di laurea che avevo scelto io, abbiamo la stessa età, anche se io sono laureata da 5 anni. I miei lavoretti sono stati quelli part-time messi a disposizione dall’università stessa, per qualche mese. E poi c’erano le borse di studio, quando arrivavano, visto che la situazione che dipinge Adelmo vale in tutta Italia: i veri poveri sperano e gli altri incassano i soldi grazie a dichiarazioni non proprio veritiere. Ne abbiamo le prove? In un certo senso sì, vediamo quelli che si disperano per essere stati esclusi dalle graduatorie per un pelo e quelli che invece vanno a ritirare l’assegno a bordo dell’auto sportiva di papà.

Adelmo prende un treno ogni volta che deve andare in ateneo, un treno spesso sporco, in ritardo e incredibilmente costoso. Mi capita continuamente di pensare a come potrei investire il denaro speso per pagare il biglietto. Non significa che la prossima volta salirò senza, ma quando fai il viaggio in piedi, magari appoggiata alla porta del wc intasato e puzzolente, ti chiedi se non sia Trenitalia a doverti pagare o a regalarti ogni volta che sali su un treno ciò a cui hai rinunciato al supermercato.

Adelmo, come me, non ha santi in paradiso e non avrà una scrivania pronta appena avrà ottenuto il suo pezzo di carta. Adelmo dovrà trovare un lavoro da solo, contando sui propri meriti e le proprie qualità (come dovrebbe essere di regola), senza spingere e guardando i tanti ragazzi come lui che invece avranno lo stesso posto - se non uno migliore e sicuramente meglio retribuito - e gli saranno passati davanti.

E’ questa la vita della mia generazione. Siamo capaci di risparmiare, di rimboccarci le maniche, di lavorare sodo. Ma sorridiamo sempre, forse il problema è questo, ci adattiamo troppo e cerchiamo di lavorare, studiare, avere un minimo di vita sociale anche con pochi spiccioli in tasca. Viviamo lo stesso.

Il futuro? Vorremmo un lavoro, una casa, una famiglia, ma sapendo che il presente non lo consente lasciamo perdere e dimentichiamo i desideri. Rimandiamo la visita dal dentista, ceniamo nei fast food o al cinese, accettiamo in affitto case fatiscenti e paghiamo in nero, lavoriamo senza contratto, compriamo al discount e prenotiamo i b&b con anticipo di mesi.

Ci sono tanti Adelmo in Italia, basta avere il coraggio di vederli. Soprattutto, bisogna sperare che un giorno non perdano la pazienza.

lunedì 23 gennaio 2012

La Concordia affonda e i turisti accorrono. Click...

Non è bastato vedere l’espressione dei superstiti.

Non è bastato scoprire che è successo tutto per un errore evitabile.

Non è bastato sapere a quanto ammonta il numero delle vittime.

Non è bastato guardare in tv il relitto di quella che era una regina.

Non è bastato ascoltare i resoconti dei cronisti minuto per minuto.

Non è bastato ascoltare le testimonianze agghiaccianti di chi ce l’ha fatta.

Non è bastato individuare il capro espiatorio (o il cattivo per davvero) e l’eroe.

Non è bastato che al Giglio si trasferissero subito i giornalisti, a cui probabilmente iniziava a mancare il Misseri o la Amanda di turno da seguire 24 ore al giorno.

Adesso arrivano anche i turisti dell’orrore, quelli che si armano di macchina fotografica e non resistono alla curiosità. Devono esserci “perché da qui è tutta un’altra emozione”, ha detto una signora ai microfoni della Rai. Come se stessero andando al cinema, proprio come se fosse tutto finto e domani il set si trasferisse altrove.

Non è bastato vergognarci di chi ha sbagliato su quella nave, ora dobbiamo anche vergognarci di questi imbecilli che sono arrivati a centinaia e hanno invaso un’isoletta minuscola solo per il gusto di esserci.

giovedì 12 gennaio 2012

L'irresistibile bellezza oltre la 44. L'irresistibile bellezza della normalità










































Questa è una modella taglie forti, si chiama Katya Zharkova, è russa. Perché l’abbiano scelta per il servizio apparso su PlusModel Magazine mi pare evidente. E’ sexy, nella sua normale morbidezza. E’ altrettanto evidente la differenza con le modelle che sfilano ogni giorno in passerella, infatti il magazine vuole parlare delle donne con una taglia normale, sopra la 44, quelle che vengono definite oversize e non si sa bene perché, visto che sono assolutamente le migliori e assolutamente le più normali.

Ma il servizio denuncia ben altro: le modelle “tradizionali” hanno un indice di massa corporea pari a quello di donne anoressiche, simili alla ragazza abbracciata dalla modella russa in uno degli scatti. "20 anni fa le modelle pesavano l'8% in meno delle donne comuni. Oggi il 23% in meno", si legge sopra un altro scatto.

Resta il fatto che le foto di Katya sono l’ulteriore conferma che non tutte le donne con qualche rotolino in più sono belle, ma che ci sono donne con i loro rotolini in più che lasciano senza fiato.

Per inciso, che vadano a quel paese gli imbecilli che ci vorrebbero tutte filiformi e simili a manici di scopa…

lunedì 9 gennaio 2012

Obbligati ad accorciare frasi e pensieri: protestiamo!

Per anni ti capita di fronte quello che ti dice “scrivi troppo” o “mi piacerebbero frasi più corte” o “tutti questi avverbi?” o “riduci al succo del discorso”… poi, quando ti senti frustrato per le migliaia di righe ridotte all’osso e spersonalizzate, private della tua anima, ti compare davanti agli occhi un articolo come quello che Pico Iyer scrive sul Los Angeles Times.

“The Writing Life: The point of the long and winding sentence”, si chiama così l’articolo, parla di come tutto ormai sia stato ridotto a brandelli, compresa la comunicazione. Siamo abituati ad esprimerci ‘a morsi’, rimpicciolendo le sensazioni per poterle far entrare nella casella che sui social network ci permette di aggiornare il nostro status.

‘A cosa stai pensando?’, chiede Facebook. E noi pensiamo ad una miriade di cose in contemporanea, ma quella casellina ci impone di darci un contegno, di “non sbrodolare”, come dice qualcuno.

Ma se ami scrivere, ami comunicare, ami le sfumature che solo le combinazioni di parole sanno creare, se ami questo e ami il suono della lingua, i giri di parole che sanno centrare il bersaglio e raccontare ogni minimo particolare… bè, allora ti sarà capitato di leggere i tuoi aggiornamenti di stato e riscriverli perché sempre troppo lunghi.

Hai mai pensato di protestare? E’ questo che dice Pico Iyer: usare frasi lunghe per protesta contro il vortice che ci sta investendo.

Una bella soddisfazione…



Link all'articolo: http://www.latimes.com/entertainment/news/books/la-ca-pico-iyer-20120108,0,2137466.story