Per anni ti capita di fronte quello che ti dice “scrivi troppo” o “mi piacerebbero frasi più corte” o “tutti questi avverbi?” o “riduci al succo del discorso”… poi, quando ti senti frustrato per le migliaia di righe ridotte all’osso e spersonalizzate, private della tua anima, ti compare davanti agli occhi un articolo come quello che Pico Iyer scrive sul Los Angeles Times.
“The Writing Life: The point of the long and winding sentence”, si chiama così l’articolo, parla di come tutto ormai sia stato ridotto a brandelli, compresa la comunicazione. Siamo abituati ad esprimerci ‘a morsi’, rimpicciolendo le sensazioni per poterle far entrare nella casella che sui social network ci permette di aggiornare il nostro status.
‘A cosa stai pensando?’, chiede Facebook. E noi pensiamo ad una miriade di cose in contemporanea, ma quella casellina ci impone di darci un contegno, di “non sbrodolare”, come dice qualcuno.
Ma se ami scrivere, ami comunicare, ami le sfumature che solo le combinazioni di parole sanno creare, se ami questo e ami il suono della lingua, i giri di parole che sanno centrare il bersaglio e raccontare ogni minimo particolare… bè, allora ti sarà capitato di leggere i tuoi aggiornamenti di stato e riscriverli perché sempre troppo lunghi.
Hai mai pensato di protestare? E’ questo che dice Pico Iyer: usare frasi lunghe per protesta contro il vortice che ci sta investendo.
Una bella soddisfazione…
Link all'articolo: http://www.latimes.com/entertainment/news/books/la-ca-pico-iyer-20120108,0,2137466.story
1 commenti:
Protestare per scrivere.
Scrivere per protestare.
Bell'idea, approvo pienamente!
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