La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che «le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze».
E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà.
Così dicono i numeri: non prendetevela con me.
Lo scrive Camillo Langone su Libero, in un articolo che ha fatto il giro del Web in poche ore e si è guadagnato l’ira di centinaia di utenti. Di molte donne, certo, ma anche di un’infinità di uomini.
Perché, dunque, noi donne non facciamo figli?
Langone sembrerebbe rispondere che siamo diverse dalle nostre nonne (che 3 o 4 figli li sfornavano di sicuro) e dalle donne di Paesi come l’Iran e il Niger perché abbiamo studiato troppo.
Il paese più prolifico del pianeta è il maomettano Niger (7,68 figli per donna) ma subito dopo, nella classifica della fecondità, si trova la cristiana Uganda. Quindi la religione conta poco o nulla, e a riprova ecco l’Iran, precipitato anch’esso sotto la soglia di sostituzione nonostante veli e ayatollah. Che allora convenga diventare induisti? Macché: in molte zone dell’India ancora all’apparenza prolifica il tasso di fecondità sta crollando. Oppure buddisti? Niente da fare: i thailandesi si vanno estinguendo a ritmi europei. Comunisti? Peggio che andar di notte, a Cuba si fanno meno figli che nella decadente Olanda. Se non è la religione, se non è l’ideologia, qual è il vero fattore fertilizzante?
Non c’entra la religione, dice Langone, ma guarda caso chiama in causa l’ideologia politica, un fattore che persino un bambino escluderebbe. Come si può pensare anche lontanamente che un’ideologia potrebbe costringere le donne a non fare figli? Parliamo di noi donne italiane ed europee, occidentali se preferiamo, perché siamo noi l’oggetto del Langone-pensiero.
Ho provato in tutti i modi a capire dove Langone volesse andare a parare, ho provato a capirlo, a non farmi influenzare dalla marea di commenti drastici al suo pezzo. Ma proprio non ce la faccio.
Io una spiegazione diversa l’avrei, l’unica a cui non ha pensato. Basta dare un’occhiata al ruolo professionale che la donna ha saputo ritagliarsi nei decenni. Ha conquistato “il potere”, per dirla con un linguaggio maschilista, e l’ha fatto combattendo contro quello che sembrava un diritto scontato per il maschio: occupare le posizioni di comando, prevalere sulla donna in tutto e per tutto, non per merito ma per nascita.
E, infatti, ancora oggi se nasci donna avrai quasi certamente un salario più basso di un uomo che ricopre la tua stessa posizione, in più dovrai mettere in campo tutte le tue doti e diventare multitasking perché casa tua non diventi una stalla, per pensare al tuo partner, a lavargli e stirargli la camicia pulita, preparargli la colazione e la cena. E a quel punto, se arrivano i figli, sei uno straccio.
Ecco perché molte donne non fanno figli o li fanno tardi. Poi con la crisi la situazione è peggiorata. Quando non porti a casa nemmeno 1000 euro al mese, devi pagare un affitto e tuo marito è precario o cassintegrato, quando devi tornare a vivere dai tuoi perché non arrivi a fine mese… come caspita può venirti in mente di procreare?
E’ vero, non facciamo figli perché siamo intelligenti. Non facciamo figli perché li amiamo ancora prima di concepirli e non vorremmo mai che la nostra incoscienza ci facesse mettere al mondo un esserino innocente alle prese con i guai della vita ancora prima di imparare a sorridere. Di sicuro il problema non è che dovremmo mantenerli a vita o che non ci piace fare i genitori.
Aspettiamo e basta. E lo desideriamo un figlio ogni giorno, eccome se lo desideriamo.
Caro Langone, spero che almeno una donna che abbia scritto un articolo di replica alle tue (lecite, per carità) opinioni sia pagata più di te. Lo spero, ma – chissà come mai - dubito.