Ho appena letto che Genova quest’anno non avrà la sua festa di fine anno. Niente concerti, niente fuochi d’artificio, niente palchi, niente di niente. O così pare per il momento.
Da un lato, il problema sono i conti del Comune, dall’altro sembra sia un modo di rendere omaggio alle vittime dell’alluvione del 4 novembre scorso.
Sarà, eppure a me questa trovata non convince per niente.
Non si trova proprio nessuno in grado di organizzare qualcosa a costo zero (o quasi)? Nessuno chiede un programma ricco, ma la città che va avanti, che si rialza e lo fa in nome di quelle stesse vittime farebbe forse più piacere rispetto alla città chiusa per lutto.
Festeggiare e risollevarsi nel loro nome, dedicando loro canzoni, riflessioni, uno spettacolo insomma, credo sarebbe stato il miglior modo di onorarne la memoria. Già fatto, certo, ma di ricordare e sperare insieme c’è sempre voglia.
E invece sarà Milano a festeggiare in nome di Genova, con i genovesi che magari decideranno di spostarsi in Lombardia per sentir parlare delle loro vittime e sentirsi più vicini alle loro famiglie.
Avrei preferito la solita “adunata” in piazza il 31 dicembre. Probabilmente ci sarà tantissima gente in giro per i vicoli, piena di entusiasmo e colore, ma ufficialmente saremo la città italiana che piange le sue vittime. E che si piange addosso. Perché il dubbio che faccia finta di farlo solo per coprire la mancanza cronica di denaro nelle casse pubbliche a me è venuto. Ai genovesi riscoprirsi insieme (e insieme alle istituzioni) il 31 dicembre avrebbe fatto bene, di questo ennesimo lutto simbolico non se ne faranno assolutamente nulla.
Le vittime rimarranno vittime, gli errori rimarranno errori. Anche se si indossa l’abito nero nel giorno del matrimonio.
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